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You owe me one
Maria José Arjona, Regina José Galindo, Silvia Giambrone, Maria Evelia Marmolejo, Mary Zygouri
Prometeo Gallery Ida Pisani
Maria José Arjona | Regina José Galindo | Silvia Giambrone | Maria Evelia Marmolejo | Mary Zygouri
You owe me one
Testo critico di Elsa Barbieri
Cinque differenti letture per ricostruire la storia dell'essere in debito
Inaugurazione: 26 gennaio 2023, ore 18:00
27 gennaio – 09 marzo 2023
Prometeo Gallery Ida Pisani presenta You owe me one, mostra collettiva con Maria José Arjona, Regina José Galindo, Silvia Giambrone, Maria Evelia Marmolejo e Mary Zygouri.
Da un punto di vista formale You owe me one mostra cosa resta di una performance. Non solo in termini di documentazione, fotografica, video e oggettuale, ma anche e soprattutto come un percorso sacrificale di rivendicazione.
Cinque differenti letture, che portano il nome di cinque delle artiste più radicali del nostro tempo, sono proposte come metodologia attraverso cui si vuole tentare di ricostruire la storia dell’essere in debito, riconoscendo le maschere che le sue origini hanno indossato nel corso della storia occidentale.
In un contemporaneo che avvalla tutte le dinamiche che hanno fatto dell’indebitamento delle singole vite la condizione del loro stesso dominio, a farne le spese sono i corpi, strumento privilegiato di Maria José Arjona, Regina José Galindo, Silvia Giambrone, Maria Evelia Marmolejo e Mary Zygouri per svelare le logiche inquietanti con cui il potere fa presa sulla natura umana, negando i diritti fondamentali sanciti dalla “Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo” del 1948.
Assumendo il corpo come strumento concettuale per l’espressione dell’identità e della politica culturale, You owe me one mostra come del suo adattamento infinite siano le sfumature, le ferite e le tracce.
Trascrivendo la “Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo” nel linguaggio del corpo Maria José Arjona crea una sospensione nel tempo e nello spazio che impone di prestare molta attenzione, oltre che una cieca fiducia, affinché il corpo possa tornare a connettere, anziché dividere, e a favorire lo scambio sociale, politico e culturale. Nel suo recupero del sensibile e del rapporto intimo con la vita in una società caratterizzata da una costruzione assai provvisoria e personale del senso, Arjona apre a un ritorno alle origini primitive, attraverso cui sembra che l’immersione nella natura, il rituale e il primigenio assurgano a oggetti di una ricerca, condotta attraverso il corpo. In questa prospettiva si possono leggere le opere di Maria Evelia Marmolejo, che fa del corpo un rifugio ultimo, che colma il vuoto d’essere, causato dalle condizioni d’esistenza attuale, e Mary Zygouri, che attraverso il corpo, e la sua azione, coinvolge e scuote contro la violazione e il maltrattamento dello spazio fisico. Altre due letture provengono da Silvia Giambrone, con un corpo che è la sola risposta che consente di sentire la propria esistenza, facendo si che anche gli altri la riconoscano, e da Regina José Galindo, che attraverso il proprio corpo denuncia la condizione di prigionia come un lungo rito di degradazione e di umiliazione, di spoliazione e di perdita del possesso di sé.
L’uso del corpo emerge in queste letture come l’estremo tentativo, dei corpi, per essere riconosciuti come soggetti ed esprime metaforicamente il fenomeno che da un punto di vista individuale parimenti a uno collettivo, investe l’esistenza di ciascuno: l’essere in difetto, in colpa, in debito.
La mostra è accompagnata da un testo critico di Elsa Barbieri e sarà visitabile fino al 9 marzo.