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SI SALVI CHI PUO’
Carolina Raquel Antich
30 Novembre 2006 – 10 Gennaio 2007
Opening: 30 Novembre 2006, ore 19.00
Prometeogallery di Ida Pisani, Via Ventura 3, Milano
A cura di Angela Vettese
Paesaggi d’infanzia, strategie del pericolo, si salvi chi può. La pittura di Carolina Raquel Antich sembra descrivere un idillio o un ricordo. In effetti parla di quelle situazioni nelle quali il male è in nuce, che si tratti di guerra, di ansia, di nevrosi interpersonale, di determinazione troppo dura, di volontà di potere. Argentina, l’artista non cita in modo esplicito il passato dittatoriale e militarista del suo paese. Le insidie della politica entrano nei suoi quadri e nelle sue animazioni a un livello sottile, che ci consente di generalizzarle e trasformarle in casi sovrastorici.
In una grande tela dei ragazzi combattono tra di loro, si raggruppano in capannelli rivali, bisbigliano mentre provano le loro armi. Pettinati, vestiti bene da madri che non si vedono ma che senz’altro li accudiscono con amore, usano la libertà dei giardinetti e di un tempo strappato a casa e a scuola per imparare la lotta tra adulti. Incominciano il tradimento dell’innocenza. Un bambino si muove sopra una bottiglia in un costume da circo. Rimane in equilibrio, lo perde, lo recupera, porta a termine la sua rappresentazione con espressione fredda e concentrata. Fa tenerezza solo in apparenza: sta affrontando il dovere di non cadere con fare professionale e non per gioco. I sedici disegni da cui è nata questa animazione sono altrettanti fermo-immagine di un Arlecchino lontano da quelli malaticci di Picasso. Qui non c’è il pittoresco del mondo dei poveri: piuttosto, la necessità di ciascuno di stare in piedi nonostante ogni circostanza. Un ragazzino si guarda nello stagno che circonda l’isola circolare su cui sta accovacciato. Il suo viso si stacca dal corpo ed emerge dall’acqua, come decapitato e fantomatico. L’immagine ci racconta il narcisismo, che isola le persone e che a volte le fa morire. Sembra un gioco infantile ma può essere una strada senza uscita: quella del gusto di sé. Imprigionato nella sua stessa apparizione è anche Tadzio, protagonista di un altro dipinto, che emerge dalla tela con i suoi tratti femminili, il suo viso indurito dalla coscienza della propria bellezza, la sua posizione frontale e compiaciuta di guardarci in faccia, probabilmente già abbastanza consapevole della sua capacità di sedurre: un bocciolo di vita ma anche un angelo della morte, quantomeno nel racconto di Thomas Mann a cui si ispira. Una schiera di bimbi sta in posa per la fotografia di rito dopo la Prima Comunione. Sono stati indottrinati a dovere, raccolti in una cerimonia comune, abbigliati con veli e coccarde come si usa per un rito di passaggio. Per quanto dilavata, infatti, qui sotto sta la sensazione di doversi guadagnare la salvezza e che questo sia solamente un primo passo. Altri ne seguiranno: la fotografia collettiva non fa che inaugurare una lunga collana di tentazioni, di occasioni da cui sarà necessario fuggire. “Si salvi chi può” non è soltanto, allora, un gioco da ragazzi, ma una condizione costante dell’esistenza. Lo stile tenero e pignolo di questa pittura non deve fare pensare ad alcuna forma di ingenuità. Addolcisce il messaggio, semmai, un po’ di quella ironia che contorna, a volte, certi ricordi infantili.