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Privazione
Giovanni Morbin
con testo di Simone Frangi
Opening: 19 settembre 2017 ore 19.00
In occasione dell’inaugurazione avrà luogo la performance “Peroratore”, con la partecipazione di Pietro Quattriglia Venneri.
20.09 – 4.11.2017
Prometeogallery di Ida Pisani
Via G. Ventura, 6 – Milano
Prometeogallery è lieta di inaugurare Privazione, prima presentazione personale di Giovanni Morbin in galleria.
L’evento monografico ruota intorno alla suggestione teorica e materica del “venire meno”, del ritrarsi ovvero del disciplinarsi attraverso il negativo e contemporaneamente dell’impegnarsi e dell’implicarsi con il corpo. Una complessità semantica che, nella ricerca di Morbin, schiude ad un’altrettanta complessità critica e politica.
Il percorso espositivo, articolato in tre bocchi tematici disposti sui due livelli dello spazio, chiama a raccolta alcuni progetti a lungo termine che Morbin ha alternativamente aperto e chiuso, messo in pausa e riattualizzato nel corso degli ultimi dieci anni.
In un condensato di oggetti linguistici, protocolli d’esecuzione, sculture fuori fuoco, marker dello spazio e del tempo, utensili performativi e latenze, Morbin sintetizza una pratica artistica insistente, che da ormai un trentennio oscilla, con ironia e durezza realista, tra il mimetismo nel sistema dell’arte e la sua critica istituzionale più feroce.
Pensata come un organismo reattivo, la mostra esordisce con Atrophy (2017), un trofeo anarchico che, abdicando alla sua funzione celebrativa, si trasforma in una tomba del trionfare, in un suo epitaffio. Atrophy è una scultura “destinata” al suo piedistallo, con il quale si confonde. La massa della scultura e del suo plinto, crescendo in funzione a un protocollo d’acquisto partecipativo e di prelazione collettiva dell’opera, si atrofizza, riducendo la massa di valore dell’oggetto ai suoi semplici tessuti. Atrophy testa l’impossibilità della trasformazione in merce di un oggetto posto in un quadro commerciale.
Seguono una logica affine le lettere sigillate e incorniciate della serie inedita Personale, strettamente personale (2014) tutte contenenti pruriginosi segreti dell’artista, il cui acquisto spinge all’astinenza, alla censura della curiosità come unica possibilità di mantenere il valore dell’opera d’arte intatto.
In questi oggetti apologetici, il trofeo e il segreto contengono il loro stesso feticismo: Morbin inverte il senso di proprietà privata e lo riduce a pura vestigia del possesso. Nessuno sarà il proprietario di queste opere, solo alcuni ne saranno illegittimi e parziali detentori.
Struttura secondaria o supporto per azioni, Peroratore (2017) fa apparizione nel secondo blocco espositivo come una sorta di replica analitica delle più semplici grammatiche populiste. Supportato da un archivio giornalistico di gesti, posture e retoriche demagogiche e da una selezione bibliografica di manualistica sulle strategie di convincimento, seduzione e preghiera, la pedana minimalista diventa luogo potenziale dell’I-branding parodico dell’artista.
Lo spazio interrato della galleria ospita infine un gruppo concertati di Tergicristallino (2016), dissuasori dell’occupazione spaziale, che in modo catatonico puliscono la stanza, la mantengono sgombra, sublimandola in un luogo meditativo segnato da uno sterile esercizio di misurazione del vuoto.
Privazione si sviluppa alternando concrezioni di tempo, ready-made comportamentali e tentativi falliti di costruzione di monumenti. Ogni presenza, simile a un ex voto, è la fusione di un commitment etico e dalla sua risultante plastica.