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Le cose potrebbero cambiare
Michelangelo Consani
A cura di Matteo Lucchetti
Inaugurazione: 11 Giugno, 2015
11 Giugno – 31 Luglio, 2015
prometeogallery di Ida Pisani, Via Ventura 3, Milano
La Prometeogallery di Ida Pisani è lieta di presentare “Le cose potrebbero cambiare”, la prima personale di Michelangelo Consani presso i suoi spazi di Via Ventura, a cura di Matteo Lucchetti. La mostra si sviluppa sull’intreccio di una serie di ricerche recenti dell’artista, il quale, a partire dalla ricontestualizzazione di alcune opere esistenti, presenta una serie di nuove produzioni che portano i temi della decrescita e del nucleare in un dialogo fatto di rimandi continui all’immaginario collettivo e alle molte contro-narrazioni che lo contraddicono.
Il Giappone si rivela ancora una volta un caso studio preferenziale nella costruzione di scenari futuri, frutto della comprensione di tutte le tragiche cadute della modernità e della critica serrata ad una cieca visione ottimista sul concetto di progresso. Dalla grande locandina cinematografica fatta eseguire a Saigon raffigurante Godzilla, il mostro icona del post Hiroshima e Nagasaki, al video dei maiali abbandonati a Fukushima, passando per i monocromi fatti di alghe nori contaminate su tavola, il Paese del Sol Levante è tanto un tramonto dell’umanità dal quale apprendere, quanto un moto perpetuo di resilienza che sposta continuamente i limiti dell’accettabile. Sullo sfondo emerge la questione ambientale come territorio politico, nel quale i percorsi di sostenibilità diventano pratiche di resistenza quotidiana, mentre i modelli esistenti rimangono ancorati ad insostenibili equilibri figli della guerra fredda e delle sue logiche.
Da sempre interessato alle prospettive minoritarie sulla storia e agli individui che ne sono protagonisti con il loro lavoro, Michelangelo Consani sceglie di sospendere la mostra, attraverso la scelta del titolo, in uno stato di possibilità, dove al cambiamento non è necessariamente associato un significato positivo, e affidando ad una serie di personalità e accadimenti il compito di indicare una successione di svolte, possibili o immaginarie, per le quali il corso della storia avrebbe potuto essere diverso. Due poli principali ed antagonisti della mostra sono incarnati dall’agronomo rivoluzionario giapponese Masanobu Fukuoka, figura ricorrente nell’opera di Consani, e dall’ingegnere militare della corte di Luigi XIV, Sébastien Le Prestre da Vauban. Quest’ultimo, presente in forma di busto in gesso, oltre ad aver servito magistralmente la causa delle fortificazioni dei confini nazionali in epoca moderna, è il fautore della formula della Cochonnerie, ovvero una sorta di successione di Fibonacci dove al posto dei conigli compare la scrofa, ed il cui tasso di crescita assai maggiore è strettamente connesso all’idea di sfruttamento della produzione alimentare di massa, con un raziocinio, in nuce, proto illuminista. Fukuoka, invece, al lato opposto dello spazio, rappresentato con una scultura svuotata in terracotta giapponese, simboleggia un modello di sostentamento agricolo ecocompatibile che minimizza l’intervento e il lavoro dell’uomo valorizzando i processi biologici esistenti. Due esempi opposti, nella cui contrapposizione si sviluppa un discorso contraddittorio più ampio fatto di consapevolezza e dimenticanza.
La mostra è intessuta di molteplici connessioni tra le narrazioni, reali e di finzione, sviluppate intorno alla minaccia nucleare e alla sua attualità. Hiroshima, Nagasaki, Fukushima, così come le miriadi di atolli nel Pacifico e gli altri siti di sperimentazione o incidenti atomici, sono luoghi tragici reali ma anche momenti estremi di una parabola umana in declino ed di una condizione mentale di paranoia costante. Non a caso nel 2015 il Bulletin of Atomic Scientists, l’organo che dal 1947 monitora e misura la prossimità del genere umano alla sua ipotetica fine per cause nucleari, ha portato le lancette a tre minuti dalla mezzanotte, una metafora per ricordarci che l’instabilità geopolitica corrente è giunta oggi ad uno dei momenti più critici dalla fine della seconda guerra mondiale.
Michelangelo Consani con il suo lavoro cerca di recuperare informazioni e comprendere dinamiche da questi instabili paesaggi contemporanei, mettendoli in comunicazione con molteplici rimossi storici ed altri dettagli del passato apparentemente insignificanti, creando scarti visivi che diano a qualsiasi possibile discorso sul cambiamento una percezione nuova sul futuro.
Michelangelo Consani (Livorno, 1971). Dopo una serie di importanti mostre collettive (Artkliazma, Russia; Schunck Glaspaleis, Paesi Bassi; Musée d’Art Contemporain du Val de Marne, Francia; Center for Contemporary Art Celje, Slovenia; Cittadellarte – Fondazione Pistoletto, Biella), nel 2010 riceve da EX3 Centro per l’Arte Contemporanea di Firenze il premio come miglior artista under 40. Lo stesso anno, prende parte alla prima Triennale di Aichi, che Akira Tatehata, Masahiko Haito, Hinako Kasagi, Pier Luigi Tazzi e Jochen Volz curano a Nagoya, in Giappone. Nel 2011 realizza una mostra personale presso la Kunstraum di Monaco di Baviera e presso CAMeC Pianozero della Spezia; nel 2012 espone al Museo Pecci di Prato e di Milano e in una mostra parallela della Biennale di Dakar. Nel 2013 il Museo di Lissone lo invitare a realizzare un progetto speciale in occasione dell’inaugurazione del museo. Recentemente la Kunstverain Milano / Amsterdam / New York ha pubblicato una monografia sul lavoro dell’artista, a cura di Matteo Lucchetti, dal titolo “Caspian Depression and a One Straw Revolution”.
Nel 2014 espone alla Donwahi Fondation in Abidjan e realizza tre mostre personali: a Tokyo presso la Side 2 Gallery, a Parigi all’interno di Glassbox e a Berlino da Zirkumflex.