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Havel Havalim
Fabrizio Cotognini
19 Dicembre 2014 - 9 Gennaio 2015
Via Ventura, 3
20134 Milano
Italia
Prometeogallery è lieta di presentare la mostra personale dell’artista Fabrizio Cotognini dal titolo Havel havalim.
Hèvel havalim dice il Predicatore del Qohèlet; Vanitas vanitatum et omnia vanitas traduce Gerolamo; spreco di sprechi il tutto è spreco azzarda Erri de Luca.
Hèvel havalim, la più grande vanitas, il più grave degli sprechi, è il titolo della personale con cui Fabrizio Cotognini offre la sua riflessione sull’effimera condizione dell’esistenza umana, attorno a temi universali come la bellezza, la morte, la politica, la fede, la violenza, il progresso scientifico, l’illusione dell’immortalità, la morte. E le tavole che sono sempre altro da quello che sembrano, e gli oggetti e gli strumenti manipolati nelle loro funzioni, e gli elementi della natura che forse sono veri, forse sono finti, e il libro, il libro lungo, il libro che avvolge e che parla dolore, tutto questo dice vanitas, dice spreco, Memento Mori, hodie mihi cras tibi.
Il trionfo della morte della società dei consumi e la danza macabra dei mass-media hanno un sapore tecnologico e antico. Nihil sub sole novum, dice ancora il Predicatore del Qohèlet, non c’è nulla di antico sotto il sole…chi legge le mie parole le sta inventando, recita Borges. Ecco il senso profondo della mostra di Cotognini, il fulcro attorno al quale ruota, da tempo, la sua ricerca artistica: la citazione. L’artista propone un viaggio nei territori della cultura visiva del nostro tempo, coniuga all’interno di uno stesso perimetro visivo, l’arcaico e l’attuale, induce l’individuo all’interno di uno scenario di affascinanti macchinazioni, cinetismi, anamorfosi, proiezioni geometriche che reinventano alcuni punti cardine della storia dell’arte. Egli tratta temi universali riscritti nella contemporaneità seguendoli nel loro percorso di evoluzione nel corso del tempo. Ed ecco, tra il ricordo e l’esplorazione, il gioco delle citazioni, che guarda alle opere dei grandi (da Caravaggio, a Piero della Francesca, a Mantegna), e alla cultura popolare (stampe, incisioni e pubblicità); ecco il ricorso alla simbologia naturale che spesso rende visibili dinamiche della vita dell’uomo: fiori, piante, animali, insetti, accompagnano frammenti, ritagli di immagini appartenenti alla storia dell’arte che, sottratti alla loro condizione formale, fungono da viatico per l’elaborazione di un nuovo immaginario, di una nuova opera. Come le parole di Borges che chi le legge le inventa, così le immagini di Cotognini si fanno comporre da chi le guarda in un percorso che l’artista, sin-esteta puro, racconta vedendo i suoni, sentendo i colori, suggerendo forme e movimenti.
Fabio Ionni