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COMPULSORY RULES
Ciprian Mureşan
1 Luglio – 20 Settembre, 2008
Opening: Martedì 1 Luglio 2008, ore 19.00
Prometeogallery di Ida Pisani, Via Ventura 3, Milano
A cura di Marco Scotini
Prometeogallery di Ida Pisani è lieta di presentare un nuovo progetto dell’artista rumeno Ciprian Muresan, a due anni di distanza dalla sua prima personale italiana.
Reduce da Art Statements a Basilea, Ciprian Muresan (classe 1977) è uno dei fondatori – insieme a Mircea Cantor e Gabriela Vanga – di Version Magazine e, dal 2005, uno degli editori della rivista Idea. Arts + Society. Noto per la sua partecipazione a manifestazioni di rilievo come Periferic Biennial (2006), Biennale di Praga (2007) e Biennale d’Atene (2007) Ciprian Muresan vive e lavora a Cluj (Romania).
Una serie di interdizioni costituisce il fulcro attorno a cui si sviluppa l’esposizione Compulsory Rules. “E’ vietato il pascolo degli animali”, oppure “è vietato l’insediamento e la costruzione temporanea o permanente di nuclei abitativi” sono solo due delle dieci sentenze che, trascritte sopra un dispositivo visivo, accolgono all’ingresso lo spettatore. Fanno da sfondo a questo segnale di divieto le foto e i disegni di un agglomerato di baracche di una comunità Rom che ha scelto come luogo di insediamento, e quale condizione abitativa d’emergenza, la discarica suburbana di Cluj. Qui la contraddizione tra uso spontaneo dello spazio e misure normative che ne regolano accesso e utilizzo raggiunge, ironicamente, il suo culmine. Per assurdo in questo grande cumulo di rifiuti assume forma legale o illegale anche ciò che non può averne alcuna.
Ma lo scarto tra linguaggio improvvisato e linguaggio codificato, tra natura e politica, tra vita e legge si manifesta sotto altre forme all’interno della mostra. La presentazione, ad esempio, di una versione in alfabeto farfallino del Manifesto del Partito Comunista riduce la rivoluzione a gioco linguistico ma anche a testo di formazione per l’infanzia. Che cosa significa trasformare il famoso incipit “Uno spettro si aggira per l’Europa” in un misterioso “Ufunofo spefettrofo s’afaggifirafa pefer l’Efeufurofopafa”? C’è una sorta di ribaltamento dello statuto di un testo in cui, come è noto, si affermava di voler contrapporre alla “favola” dello spettro un “manifesto” del partito. A questo lavoro si aggiunge la proiezione di un video girato sul famoso libro di Gianni Rodari con le illustrazioni di Raul Verdini Le Avventure di Cipollino, su cui si sono formate intere generazioni. Nel video di Muresan il libro di Rodari diventa il motivo di un ulteriore indagine del rapporto tra ideologia e infanzia.
Proprio l’infanzia, come stazione dell’essere, è al centro di tutto il lavoro di Ciprian Muresan. O meglio, la relazione tra infanzia e storia – per parafrasare un noto titolo di Agamben – è ciò che connota, più di ogni altro motivo, questo lavoro che si pone come diretta interrogazione dell’utopia socialista dopo il crollo del regime sovietico: dei suoi tentativi mancati, delle sue possibilità perdute, della sua eredità, della sua memoria, della sua trasformazione. E lo fa mettendo in scena, ogni volta, un’ infanzia espropriata, privata dell’innocenza, già da sempre perduta. Una bambina di nove anni fa ripetutamente il segno di tagliarsi la gola come gesto di minaccia (Untitled 2006), una serie di disegni sovrappone all’immagine di giovani “pionieri” rumeni del passato quella degli attuali ragazzi abbandonati di Bucarest che aspirano colla gonfiando sacchetti di plastica (Pioneers 2005-2006). O ancora sono sei bambini quelli che leggono più o meno consapevolmente il dramma sul totalitarismo il Rinoceronte di Eugene Ionesco (Rhinoceros 2006) mentre nel remake di Un Chien Andalou è l’occhio di un bambino in videoanimazione a venire squarciato dal rasoio, così come l’immagine della luna piena è tagliata in due dal passaggio di una nuvola (2004).
Quella che Ciprian Muresan mette in scena è un’umanità cacciata dall’Eden, espulsa dall’Utopia (Expulsion from Paradise 2007), caduta irredimibilmente a terra come nella ripetizione a distanza di anni del “salto nel vuoto” di Yves Klein (Leap into the Void – after 3 seconds 2004). Ma, allo stesso tempo, questa insistenza e protrazione indefinita di uno stato di immaturità, di una condizione di sprovvedutezza, di un’infanzia come tale che tutti i soggetti di Muresan condividono parla anche non solo di qualcosa che abbiamo definitivamente perduto ma anche, all’opposto, di qualcosa che forse non abbiamo mai posseduto e che sta alla generazione che viene conquistare. “Communism Never Happened” (2007) è il titolo, non caso di un noto lavoro di Ciprian Muresan.